La notizia ha del paradossale, ma in una provincia di Avellino in balia degli eventi quando si parla di servizio idrico è purtroppo realtà. La finora inconcludente trattativa tra Campania e Puglia per una diversa distribuzione dell’acqua da una parte, e la scellerata gestione dell’Alto Calore che negli anni ha saputo accumulare debiti senza mai riuscire a contenere i danni dall’altra, hanno dato il là all’ennesima crisi idrica su un territorio che non solo produce acqua come nessun altro nel Meridione d’Italia, ma disseta pure le regioni vicine.
Il paradosso, l’ultimo in ordine di tempo, si è palesato nell’ordinanza del Comune di Caposele che impone l’uso dell’acqua solo per scopi igienici o potabili e che dispone la chiusura nelle ore notturne dei tronchi degli acquedotti rurali in contrada Boiara, Buoninventre, San Vito, Palmenta, Diomartino, San Biagio e zone limitrofe. Il tutto fino al 30 settembre salvo proroghe dell’ordinanza.
Le cause sono note. La rete idrica irpina soffre di croniche perdite dovute alla vetustà delle condotte, a ciò si aggiunge la mancata messa in disponibilità di 500 litri al secondo da parte dell’Acquedotto pugliese in quel di Cassano a servizio di decine e decine di Comuni tra la provincia di Avellino e il Sannio. L’acqua, tra reti colabrodo e fabbisogno in crescita, non basta. La novità è che persino Caposele, che non è servita da Alto Calore ma dai pugliesi, va in affanno.
L’estate scorsa l’interruzione del servizio di approvvigionamento diventò pane quotidiano in tutta la provincia. Durante le nevicate e gelate invernali, quando il freddo fece saltare centinaia di contatori, accadde lo stesso. E per i prossimi mesi, in assenza di una proficua mediazione ai piani alti tra Regione Campania e Acquedotto pugliese, il canovaccio sarà lo stesso. Da giorni Avellino e l’hinterland, Ariano e diversi paesi tra Alta Irpinia e Ufita, chiudono i rubinetti.