Agricoltura, cibo, ruralità: sono questi alcuni degli elementi attorno ai quali si concentrano le attenzioni di politica e imprenditoria per dare impulso all’economia della provincia di Avellino negli ultimi anni. Un territorio che effettivamente, in termini di produzioni agricole e agroalimentari, di enogastronomia, ha qualcosa di dire. Le Docg, i Pat, le Dop e i prodotti Igp non mancano: vino e olio, castagna, formaggi, solo per citarne alcuni.
Con decreto del 23 ottobre scorso, la Regione Campania ha definito indicatori, criteri e format per la presentazione delle proposte di individuazione dei Distretti del Cibo. Un ulteriore strumento per la promozione e il rafforzamento del settore che anche la provincia di Avellino potrebbe cogliere. Sulla scia di quanto accaduto per il turismo, l’Irpinia potrà proporre la nascita di aree identificabili come distretti rurali e distretti agroalimentari di qualità. E come per il turismo, l’intenzione di Palazzo Santa Lucia è di aggregare tenendo conto di ciò che già esiste sul territorio. In altre parole, si suggerisce di far coincidere il perimetro dei futuri distretti del cibo con quello di altri soggetti, che si chiamino Progetti pilota, unioni di comuni, aree vaste o Gal.
Per le aziende dell’Alta Irpinia potrebbe essere l’occasione, dopo l’individuazione due anni fa del distretto turistico di cui però ancora non si coglie l’azione, per dare vita a una proposta d’insieme anche in tema di agricoltura. Due le strade possibili. I distretti rurali, definiti come sistemi produttivi locali caratterizzati da una elevata concentrazione di piccole e medie imprese agricole e agroalimentari, ma pure turistiche e dell’artigianato artistico. Almeno 50 le realtà necessarie, il 60% delle quali agricole, e almeno 10 i Comuni che dovrebbero entrare a farne parte. I distretti agroalimentari di qualità, cioè sistemi produttivi locali anche a carattere interregionale, caratterizzati da interrelazione e interdipendenza produttiva delle imprese agricole e agroalimentari, e soprattutto dalla presenza di una o più produzioni certificate e tutelate. Necessari almeno 50 aziende o almeno 300 addetti.