Lunedì sera a Montemarano si è discusso della legge sui piccoli comuni. Delle opportunità e dei limiti. Le prime rappresentate dalla molteplicità degli interventi possibili: su centri storici e produzioni tipiche. I secondi sono i soldi a disposizione: pochi, diciamo pure spiccioli. Perché allora tanto entusiasmo intorno al provvedimento? Perché è stato approvato dopo un iter lungo 15 anni, ha ricordato il deputato Luigi Famiglietti. Perché è un punto di partenza, un segnale dello Stato verso le realtà più deboli, ha aggiunto il cofirmatario Tino Iannuzzi. E perché offre stimoli agli amministratori, tanti in sala.
Quello che emerge, e parliamo degli amministratori irpini, è tuttavia una varietà di vedute da far paura. Una decina gli interventi, rari i punti in comune soprattutto sul tema delle unioni dei comuni. Sindaci confusi? Forse. In realtà il problema sono le leggi. Che per esempio non danno chiarezza sugli ambiti territoriali ottimali per concorrere a questo o a quel finanziamento. Il sindaco di Montemarano, Beniamino Palmieri, invita comunque a “pensare in termini più complessivi. Forse è necessario raggiungere compromessi e sintesi coi comuni limitrofi“. Superare il campanile. Ma intanto non c’è traccia di armonia e compromesso in provincia di Avellino. Né sul piano generale né su zone particolari, vedi l’Alta Irpinia.
Qui la battaglia tra Ciriaco De Mita e Rosanna Repole continua sui temi della sanità. Ieri consumatasi al tavolo di quel progetto pilota che, diciamolo per l’ennesima volta, non è in grado nemmeno di portarci una barella per il momento. L’unità non si trova sui temi dello sviluppo turistico. Il treno storico ha funzionato. Quasi millecinquecento viaggiatori per cinque corse Foggia-Montella, lo ha ricordato a Montemarano il vicegovernatore Fulvio Bonavitacola. Eppure non c’erano gli amministratori alle fermate di Nusco e Bagnoli Irpino. A proposito di Bagnoli, la strada per rimettere in sesto le seggiovie pare senza via d’uscita. Abbiamo gioito per il treno, per la bella estate e lo Sponz. Per i numeri impressionanti delle sagre. E ora il luogo simbolo del turismo invernale, e non stiamo a dire di chi sia la responsabilità, fa dieci passi indietro? Non è un elenco di criticità per dire “ah poveri noi, non c’è futuro“. Per tornare alle parole del convegno sono solo gli esempi d’attualità di come la coesione in questi piccoli luoghi sia un traguardo ancora troppo lontano. Che fare? Aspettare le elezioni politiche e amministrative per avere un quadro più nitido? Cambierebbe poco comunque vada. Qui non è questione di persone ma di mentalità. Però il limbo di astrattezza di progetto pilota o legge sui piccoli comuni non aiuta. Non aiuta a sbloccare una situazione complessa, un misto di tensione e nervosismo tra le comunità.