Siamo strani in provincia di Avellino. Passiamo buona parte del nostro tempo sui social a raccontarci le nostre eccellenze enogastronomiche e i nostri paesaggi. Ad ammirare l’Irpinia in onda su Linea Verde. Ad indignarci per l’ambiente deturpato. Poi restiamo a casa a guardare i pochi coraggiosi che a Conza della Campania sfidano l’eolico diventato selvaggio. Terra particolare, la nostra. Vengono criticati i sindaci colpevoli di non reggere le sfide della modernità, poi le persone comuni riescono a fare anche peggio degli amministratori snobbando ogni iniziativa che non sia un’abbuffata tra le vie di una sagra. A Conza qualche amministratore era presente nel sabato del villaggio che numeri alla mano rischia di scomparire, a sostegno delle associazioni che resistono. Meglio gli amministratori che i cittadini, una volta tanto. Ha fatto peggio solo la politica che conta, perché l’unico onorevole è dovuto arrivare a Conza da Gricignano d’Aversa, provincia di Caserta. Il pentastellato Vincenzo Viglione, per la cronaca.
La politica, e questa non è una giustificazione, stava passando il tempo a scrivere comunicati stampa sul possibile taglio della stazione Hirpinia. Che in termini di milioni di euro vale più di un parco eolico e più dell’ambiente. Oppure più di una prospettiva turistica o degli uccelli che attraversano quella diga che dice benvenuti nell’Irpinia d’Oriente, intendiamoci. Resta il fatto che affidarsi a una fermata dell’alta velocità per sviluppare un’idea di crescita appare un azzardo. La grande infrastruttura, nel caso, attraverserebbe un deserto che in pochissimi stanno cercando di ripopolare o difendere. E l’attuale maggioranza a Roma rischia di fornire un’alibi comodissimo a politici, imprenditori, amministrazioni e associazioni “dell’ancien régime”.
Il punto è sempre lo stesso. Non stiamo decidendo nulla. Siamo troppo piccoli e, cosa peggiore, sembriamo incapaci di scegliere quel poco che ci resta da scegliere. Incapaci pure di seguire gli esempi positivi di chi ci dice “si può resistere”. Quasi sarebbe più coerente dirsi “Ok non siamo in grado di costruire niente, facciamo di una parte d’Irpinia un grande polo energetico e scordiamoci piccoli paesi e natura e prodotti”. Anche perché questo matrimonio tra innovazione e tradizione, tanto in voga tra gli imprenditori che ci disegnano il futuro, non l’abbiamo ancora capito nei dettagli. Nel frattempo il lamento senza azione è pratica quotidiana di tutti noi. Incredibilmente accompagnato da immotivati slanci di gioia per un caciocavallo e una sorgente, una montagna o un borgo incantato o imbambolato di un’Irpinia dolente e morente.