L’Irpinia è terra di bollicine! Non è la solita affermazione propagandistica o una facile formula per un titolo. In realtà lo indica la storia, anche se fatta di alti e bassi. E’ un dato fondato pure sul presente, visto lo straordinario successo dei Dubl di Feudi di San Gregorio. Ed è soprattutto un incipit basato sulle caratteristiche del territorio irpino. “Qui c’è mineralità, c’è persistenza, c’è finezza, ci sono gli aromi. L’Irpinia è una terra di grandi uve, ideali per spumantizzare“, spiega Milena Pepe, presidente del Consorzio Tutela Vini d’Irpinia, nella serata degustazione Ais all’ex carcere borbonico di Avellino. Quindi la storia, un presente e un territorio. Ora però bisogna costruire il futuro. E il futuro, secondo tutti i relatori del convegno, passa per comunicazione, marketing e soprattutto investimenti.
Che l’Irpinia sia riconosciuta come terra di grandi vini è noto anche ai profani e agli astemi. E spesso da alcune grandi uve vengono ottimi spumanti. Ma non tutti conoscono le origini delle bollicine nostrane, del resto non lo sapeva neanche chi scrive prima di aver ascoltato Ferrante Di Somma, eclettico marchese delle cantine “Di Marzo”.
Queste cantine spumantizzarono il primo Greco nel 1926
Prima si vendeva il vino sfuso anche in Francia, colpita all’epoca dalla fillossera che distrusse la produzione d’Oltralpe. E si spumantizzava in Veneto. Poi qualcuno in Irpinia disse “facciamolo noi“, così nacque il Torre Favale metodo classico. La nostra storica cantina ebbe varie vicissitudini e dal 1964 fino al 2004 non produsse spumanti. Ora stiamo imparando di nuovo a camminare“.
L’Irpinia terra di occasioni perse, per di Somma. Ma è una terra che secondo il critico eno-gastronomico Annibale Discepolo “è assolutamente vocata alla spumantizzazione. Per qualità non siamo secondi a nessuno in Italia”.
Sabato Guerriero parla della scuola enologica De Sanctis, la prima a lavorare insieme agli alunni dal 1879. Passato e presente, locale e nazionale. Spumanti italiani con un incremento dell’export pari al 50 per cento verso Usa e Canada e del 15 per cento verso la Francia. Incredibile… o forse no. Perché l’Italia non è solo Franciacorta. Qualche altra zona anche al Sud, vedi la provincia di Avellino, produce bollicine sorprendenti.
Con una produzione media di 3.000 bottiglie ecco l’extra brut Anni Venti, un metodo classico di Cantine di Marzo. Da Tufo. Non sarà Champagne ma è praticamente perfetto da bere sempre, comunque e ovunque. Così come colpisce nella serata degustazione Oro Spumante VSQ extra dry, profumatissimo con bollicine infinite da Cavalier Pepe. E ancora un Santè Spumante Falanghina Brut IGT, di Donnachiara: equilibrio puro.
“In Irpinia crescono i produttori, siamo arrivati già sulla ventina”, riflette Discepolo. “Ma non è facile, devi avere diverse competenze e investire molti soldi”, aggiunge “Lady Oro Spumante” Milena Pepe. “Raccogliere uve in un certo modo, pressare rapidamente, scegliere il mosto migliore. Il 90 per cento del risultato si gioca nella vendemmia per ottenere delle grandi bollicine. Poi però ci sono anche i costi dei macchinari…”. Ma tutti sembrano ottimisti. Si può continuare e si può crescere.
Il brindisi finale, per Natale e per il nuovo anno. E soprattutto per una definitiva affermazione irpina nei prossimi.