Le parole sono importanti, sempre. Se ne aggiungono di nuove al lessico politico, come spiega Domenico Bonaventura nel suo libro “Parole e crisi politica” presentato pochi giorni fa a Calitri. E anche il dibattito politico-economico della provincia di Avellino, in generale del Mezzogiorno più remoto, ha i suoi termini, i suoi slogan. Le sue espressioni. Alcune non nuovissime, come “patto per lo sviluppo”. Altre utilizzate per sintesi: “progetto pilota”. Oppure “aree interne”. Ce ne sono alcune che nascono e scompaiono in poco tempo, “napolicentrismo”, almeno nel racconto quotidiano dei media. E si discute di “resilienza”.
Le parole sono importanti, significano sempre qualcosa. E lo hanno ricordato i tre relatori del dibattito. Il sindaco Michele Di Maio, l’imprenditore del legno Luigi Iavarone, il segretario provinciale del Pd, Giuseppe Di Guglielmo. Le parole sono importanti e lo sono pure i toni e le sfumature. Così il primo cittadino torna a criticare proprio il “progetto pilota”, scatola vuota per Di Maio. Iavarone insiste perché l’Irpinia non sia più e non venga più descritta come “area interna” perché “centrale tra i due mari, in vista delle nuove infrastrutture”. E Di Guglielmo fa notare come quelle infrastrutture siano state messe in discussione dal nuovo governo.
La tesi del sindaco, che da tempo non prende parte ai lavori dell’area pilota con sede a Nusco, è quella già espressa in precedenti occasioni. “Inutile parlare di servizi se non si discute del problema principale: il lavoro”. E riprendendo i primi appelli dell’imprenditore che gli siede accanto, torna a dire che servono “1000-2000 posti di lavoro” altrimenti qui si muore. Nel dibattito interviene anche Michele Solazzo, bisaccese e attivista no eolico. Citato a sua volta da Iavarone che propone un modello alternativo di aggregazione. “Una green community, anche di 3 comuni”. Una comunità virtuosa, no-oil, no-rifiuti, no-eolico.
Insomma, i problemi di sempre vengono affrontati e sviscerati. E la sensazione, espressa da chi scrive e da altri, è che determinate parole siano spesso lontane dai bisogni. Che effettivamente “aree interne” inizi a risultare generico, dannoso. Oppure che i bisogni, per citare l’intervento di oggi del segretario Uil Luigi Simeone, siano molto più di un’infrastruttura, che sia l’alta capacità o la Lioni-Grottaminarda.
Allora ci sarebbe bisogno di altro. Ma cosa? Il lavoro ovviamente, il punto è capire da dover possa nascere. Nei prossimi giorni assisteremo a prove di comunità, con molti paesi epicentro benefico di cultura. Si comincia da Cairano, dal 13 al 15 luglio, dove si ritrovano architetti, paesaggisti, artisti. Per ripensare a un nuovo ruolo per i borghi in via d’abbandono. Si continua a Bisaccia con Altura Festival, messo in piedi dallo scrittore Franco Arminio. E negli stessi giorni, fine luglio, l’arte e la musica salgono in montagna, per dare all’altopiano di Montella, con VertegliaMater, una possibile identità che non sia soltanto la gita della domenica. Prove, tentativi, che in teoria sarebbero in grado di imprimere una svolta, di dare una scossa positiva al territorio anche in termini economici e quindi di lavoro.
A patto, e questo ragionamento ha origine dallo Sponz Fest, che si abbia la capacità di raccogliere frutti e segnali delle manifestazioni stesse. A condizione che non si cada nel populismo nostrano, quello che vuole una strada in più e un concerto in meno come se le due cose fossero in competizione tra loro. Ma visto che le parole sono pur sempre importanti, è bene che chi costruisce eventi e momenti di aggregazioni si ponga dei limiti. E’ fondamentale che la si smetta di pensare che un reading letterario possa produrre un cambiamento, che basti coniare un aggettivo per sentirsi bene con la propria coscienza di irpino.