Si parla di recovery plan nel webinar del centro di ricerca Guido Dorso. “Un incontro con i sindaci per discutere del più grande piano di investimenti che l’Italia abbia mai avuto”, dice il presidente Luigi Fiorentino. In collegamento vari primi cittadini della provincia di Avellino. “Non siamo destinati alla desertificazione. La realtà può cambiare se abbiamo visione e proposte”.
Fiorentino parla del funzionamento del recovery. “Manca ancora l’interrelazione con i territori, il processo di coinvolgimento degli enti locali, la localizzazione dei programmi che hanno o potrebbero avere ricadute sul territorio. E bisognerà dimostrare gli effetti delle eventuali misure, chi fa cosa e quanto costa il progetto. Allora bisogna puntare su progetti strategici”. Piattaforma della Valle Ufita, cita Fiorentino. In generale serve un puzzle strategico. “Costruire il futuro dell’Irpinia è un lavoro collettivo”.
“L’importante è che non avvenga ciò che è accaduto nel dopo-terremoto, quando l’operazione è stata spesso accaparrarsi i fondi e basta”, ha ammonito Gerardo Capozza, capo del cerimoniale a Palazzo Chigi. “In ogni caso noi come Irpinia non partiamo da zero, possiamo ancora dare respiro ai nostri giovani”. Sindaci in primo piano: “Loro conoscono punti deboli del territorio e sanno cosa si può valorizzare. le infrastrutture faranno indubbiamente la differenza”.
Ma cosa bisogna fare? Come? “Noi portammo avanti il progetto pilota, con una buona impostazione ma che purtroppo non è decollato”. La regia? Per Capozza “deve essere comunque la Regione. Negli ultimi mesi è spuntato fuori qualche ente che voleva un contratto di sviluppo. In altre realtà si è creata una confusione istituzionale che in passato non ha aiutato a spendere i fondi. E dobbiamo considerare che ciò che si fa qui ha effetti anche su regioni limitrofe. Pertanto è fondamentale un coordinamento regionale, del resto parliamo di Sud. In tre anni dobbiamo far sì che nascano opportunità per i giovani, diversamente si rischia un fallimento, Serve una squadra regionale per aver un concetto molto più chiaro di ciò che serve. Occorre stilare una graduatoria delle cose utili, per evitare che arrivino centinaia di proposte singole che non servono”.
Il vice governatore Fulvio Bonavitacola è critico con Roma: “C’è anche dell’ambiguità nel Recovery Plan, dico nei confronti del Mezzogiorno. Dicono che il Sud non sia un problema in sé, ma un problema trasversale. Quando parlano di problemi trasversali tendo a credere che vogliano farci fessi, soprattutto quando a questa trasversalità non corrispondono numeri”.
Sui numeri. “Resta un tema reale. Dei 209 miliardi l’idea era quella di dare il 33 per cento al Sud ed il restante 66. Questa non è solo una falsità ma va anche contro gli intendimenti del Next Generation Eu. Ma all’Italia sono stati affidati 209 miliardi, alla Germania solo 50. Perché? Perché la Germania non ha il Mezzogiorno ed ha annullato le differenze tra Ovest ed Est con puntuali politiche di coesione. Il Sud non è un’area da assistere per solidarietà ma rappresenta una grande occasione di sviluppo per l’intero Paese tale da migliorare il Prodotto Interno Lordo“.
Bonavitacola e l’Irpinia. “No al modello Genova, no a un commissario per ogni opera. Bisogna far funzionare la Pubblica Amministrazione rinnovando le risorse umane e poi possiamo guardare alle infrastrutture, all’ampliamento delle aree industriali, ai rifiuti, all’acqua. L’Irpinia può anche puntare sull’ospitalità, sugli attrattori turistici come la linea storica Avellino-Rocchetta Sant’Antonio ed il Laceno, simboli che dovranno incarnare la nuova visione di sviluppo. Questo sforzo riguarda l’intera classe dirigente, non solo quella impegnata nelle istituzioni. Parlo di imprenditori, associazioni di categoria, intellettuali. La cabina di regia? A livello regionale dovremo dotarci di una cabina di comando per seguire le varie filiere del piano. Punterei su organismi tematici più che territoriali”.