L’area interna dell’Alta Irpinia si è distinta per i nuovi, e specifichiamo futuri, modelli organizzativi delle filiere e di nuovi soggetti giuridici in ambito agricolo, forestale e zootecnico: insieme all’Appennino Piacentino Parmense in Emilia Romagna e ai cugini del Vallo di Diano. Confronti definiti diretti e costruttivi per le reti e i sistemi a servizio della valorizzazione culturale. E’ la sintesi che ci riguarda nella “Relazione annuale sulla Strategia nazionale per le aree interne”, presentata al Cipe dal Ministro per il Sud Barbara Lezzi. Il testo dà conto dell’avanzamento dei lavori nel corso del 2018.
Numeri, esempi, comparazioni tra le varie zone interessate dalla strategia. Un discorso (intendiamo risorse economiche) che per quasi tutte partirà a breve. Più che una fotografia è un documento utile in chiave futura, ma per quanto riguarda l’Alta Irpinia i numeri vanno affiancati a qualche considerazione. I dati dicono che in quanto a calo demografico la nostra area perde abitanti con un trend che rispecchia la media delle zone interessate dalla strategia. Il 4% tra il 2011 e il 2017. Non ci sono differenze evidenti tra Nord e Sud. Perdite ancor più consistenti si notano in Friuli come in Calabria. Abbiamo un numero di stranieri residenti molto basso, sotto la media, tre per cento circa. La riflessione è la stessa di qualche tempo fa, comparando il dato demografico. L’Alta Irpinia è a rischio desertificazione non più di altre zone. Magra consolazione, si dirà. Ma è ancora possibile risollevarsi, in teoria. Per farlo ci sarebbero i 26milioni di euro divisi tra varie fonti di finanziamento. Più altri 15milioni.
Dove sono? Da dove arrivano? Quando? Forse non è presto per dirlo, perché sulla sanità è stato tutto definito: non certo una rivoluzione ma qualche intervento è stato realizzato tra i due ospedali altirpini. Gli altri andranno sugli attrattori turistici, probabilmente sul Laceno. Sul quando siamo ancora al buio. E poi ci sono gli interventi, della discordia com’è noto, sulla futura azienda forestale.
Capitolo dolente quello sulla scuola. Nella relazione si legge: “Nelle Strategie che hanno concluso la fase di co-progettazione, si osserva che nonostante le scuole dei Comuni delle Aree Interne soffrano problematiche tanto diffuse quanto complesse, con marcati tratti di similarità da nord a sud, ciascuna area per farvi fronte ha individuato soluzioni diversificate e coerenti con le peculiarità sociali e territoriali delle proprie comunità”. Insomma, non c’era e non ci sarebbe una strada unica per affrontare. Qui si è scelto di aumentare i plessi scolastici. Aspettiamo l’estate per capire se i nuovi indirizzi (Calitri, Calabritto) abbiano o meno appeal. Diversamente non si potrà definire una grande intuizione il modello altirpino “una scuola in ogni paese“.