È assurda questa campagna elettorale in giro tra i luoghi dell’Alta Irpinia. Ti sforzi di trovare dei tratti in comune, un filo che porti ad una lettura univoca. O delle differenze e delle casacche, schieramenti delineati e contrapposti. Poi a Ponteromito, frazione di Nusco, trovi il candidato antidemitiano Francesco Biancaniello che batte anche sulla necessità di avere in Comune chi pensa a riparare le buche nelle strade e non a Roma e Bruxelles. E’ l’ordinaria amministrazione baby! La bellezza della normalità! E il più demitiano dei candidati, De Mita, ragionare di politica in senso lato, tracciare le prospettive della strategia aree interne. E sarebbe tutto normale, se non fosse che a Bisaccia il demitiano Marcello Arminio parli della buona e ordinaria amministrazione come condizione essenziale; mentre lo sfidante eccellente, Franco Arminio, lasci intravedere una rivoluzione culturale di ampio respiro. De Mita e Arminio. Non sono poi così lontani loro. Entrambi conoscono, hanno disegnato o stanno attuando la strategia nazionale aree interne (che ancora deve dare i suoi veri frutti, in Alta Irpinia ma non solo).
Ma di cosa ha davvero bisogno l’Alta Irpinia? Forse è questo il vero interrogativo, il punto di congiunzione, il tratto in comune, la lettura univoca. A prescindere dai proponenti di cosa abbiamo bisogno? Di normalità o choc benefici? Di raggiungere i livelli minimi di vivibilità o di andare oltre provando l’impossibile con spettacoli, turismo e agricolture sperimentali e bio-edilizia e recupero dei centri e restauri e torno a vivere in campagna e i paesaggi e via dicendo? Certo, si potrebbe affermare che senza le sub-condizioni essenziali per sviluppo non esista vivibilità e chiaramente nemmeno sviluppo. Ma volendo lavorare mattoncino per mattoncino ci vorrà troppo tempo. 10? 20? 30 anni? Addirittura 40? Ha ragione il sindaco pragmatico e hanno ragione pure i suoi elettori. Sticazzi dei 30 anni e pure dei mattoncini messi con criterio! Prima di poter vivere dobbiamo sopravvivere! Come dar loro torto? Ma ha dannatamente ragione pure il candidato sognatore, 30 anni sono troppi e bisogna sparare un colpo adesso, munirsi di coraggio anche se la buca sulla strada resta fino alla prossima votazione.
Così non se ne esce però. La scelta è complessa, interrogarsi su questo tema è frustrante. In quest’ultimo giorno di campagna elettorale altirpina posso solo ricordarmi di come le campagne siano davvero tali. Popolose, importanti, votanti e produttive, desolate o dinamiche, inaccessibili o curate, ordinate o devastate. Sono la polpa e l’osso di molti paesi coi centri storici ridotti a rifugio estivo a basso prezzo. Le campagne decidono ovunque. Ponteromito per Nusco. Le tantissime frazioni per Morra De Sanctis. Le località del vento e del grano a Bisaccia. I castagneti a Montella. Così le campagne hanno la facoltà di decidere se stare o rilanciare. Ed è naturale. Spesso gli abitanti della ruralità hanno bisogno dei servizi essenziali, illuminazione o acqua. Ma sono gli stessi a poter davvero pretendere o disegnare una prospettiva diversa. Con la terra, i prodotti, gli animali, i paesaggi.
Tra l’una e l’altra soluzione c’è sempre la terza o la prima via. Costruire mattoncino per mattoncino, prima la normalità e poi lo straordinario. Ma anche se avessimo tutta una vita davanti, ci vorrebbe uno sforzo immane. E mi dispiace, ma io tutta questa forza non la vedo da queste parti…