Pubblichiamo il documento-decalogo del Pd No Triv in vista del referendum
1) TRIVELLARE E’ INUTILE
Sostengono i SìTriv: “Se non riusciamo a rinunciare al petrolio e al gas, allora decisamente preferiamo produrne quanto più possibile in Italia, per ridurre la quota di dipendenza dal resto del mondo.”
Attualmente, da tutte le estrazioni petrolifere in Italia, si estrae solo il 7% del fabbisogno nazionale (circa 4,5 mln di tonnellate). Se pure si desse fondo ad ogni risorsa possibile, trivellando dovunque fosse utile, si stima (sommando le risorse certe, più il 50% delle probabili e il 20% delle possibili) poter arrivare massimo a 129 milioni di tonnellate. Se pure fosse reale, si arriverebbe a coprire solo il 14% del fabbisogno nazionale.
Quindi, nessuna reale convenienza sociale per l’economia italiana, solo per il cartello delle ditte concessionarie. La strada “imprenditoriale”, quindi, è esattamente quella opposta, rendersi sempre meno dipendenti dal petrolio. E l’Italia, nonostante tutto, lo sta facendo. Le risorse rinnovabili sono già il 40% del fabbisogno nazionale. E’ economicamente più utile insistere con queste.
2) TRIVELLARE NON CREA RICCHEZZA
”La vittoria del SI produrrebbe un danno enorme: in Italia impieghiamo circa 11mila persone direttamente nelle attività estrattive, altri 21mila nell’indotto e circa 100mila in imprese che producono non in esclusiva beni e servizi per il comparto oil&gas nostrano.“
Le cifre offerte comprendono l’intero comparto e si omette, come sempre, che tutto l’investimento petrolifero sarà lucroso per i concessionari ma le ricadute sui territorio son inverse. In Basilicata, la regione da cui si estrarre il 90% del petrolio italiano, abbiamo questi dati:
– la Basilicata è la regione più povera d’Italia (dati Istat 2010)
– ha una percentuale di morti per tumore più alta della media nazionale (dati dell’Associazione Italiana Registro Tumori)
– ha oltre 400 siti contaminati dalle attività estrattive (dati della Commissione Bicamerale sul Ciclo dei rifiuti)
– le aziende agricole si sono dimezzate nell’arco di 10 anni (dati Confederazione Italiana Agricoltori.)
– nella sola Val d’Agri ci sono 8 mila persone tra disoccupati e inoccupati (dati CGIL)
3) TRIVELLARE E’ FURBO
Sostengono i SìTriv: “Non trivellando perdiamo redditività e la possibilità di dimezzare la bolletta energetica delle famiglie italiane. Dobbiamo produrre e sfruttare i nostri idrocarburi e mettere in produzione i nostri giacimenti, aprire i famosi rubinetti di pozzi già ultimati.”
In Italia vige un regime fiscale smaccatamente favorevole alle aziende che operano nell’estrazione di idrocarburi liquidi e gassosi”. Il “grande business”, del petrolio italiano, quindi, risiede nel sistema di esenzioni, di aliquote sul prodotto e di canoni di concessione bassissimi ed una serie di agevolazioni e incentivi. Addirittura, le prime 20 mila tonnellate di petrolio e gas prodotte annualmente in terraferma e le prime 50 mila tonnellate prodotte in mare, sono esenti dalle tasse, mentre la tassazione sulle quantità eccedenti le soglie, in Italia, è tra il 4% e il 10%. Le aliquote applicate da altri Stati, invece, oscilla tra il 20 e l’80%. Ecco la ragione della sovradimensionata ricerca di energia fossile.
4) TRIVELLARE NON FA BENE
Sostengono i SìTriv: “Il petrolio e il gas “a kilometro zero”, sono più sicuri e meno impattanti per l’ambiente. Nulla viene scaricato a mare e i detriti di perforazione vengono raccolti e inviati a terra in centri autorizzati per lo smaltimento.”
I dati del monitoraggio eseguito dall’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale” per il Ministero Ambiente, sull’inquinamento generato dalle trivelle operanti nei nostri mari rivelano che I parametri ambientali sarebbero oltre i limiti per almeno due sostanze nel 67% dei campioni analizzati nel 2012, nel 71% nel 2013 e nel 67% nel 2014. Anche nelle cozze la presenza di sostanze inquinanti ha mostrato evidenti criticità. Questo, solo per limitarsi ai danni diretti delle trivellazioni marittime.
5) TRIVELLARE NON FA REGALI
Sostengono i SìTriv: ”Le royalty versate all’erario dalle compagnie petrolifere in Italia sono di 340 milioni di euro (dati 2014).
La “Direzione generale per le risorse minerarie ed energetiche – Dipartimento per l’energia” del Ministero dello sviluppo economico nel suo rapporto annuale sulle attività di ricerca ed estrazione degli idrocarburi in Italia, dice ben altro. Nel 2012 le royalty erogate per l’intero comparto petrolifero (terra e mare) sono state pari a 334 mln, ma solo 27 mln circa sono andati ai Comuni. Quindi, facendo una media per i circa trenta comuni in Italia interessati da estrazioni petrolifere, fa una media di 740mila euro. Questa e “l’enorme” ricaduta delle royalty sui territori.
6) TRIVELLARE NON E’ LIBERALE
Sostengono i SìTriv: “Se vince il Sì, alla scadenza delle concessioni verrebbero interrotti alcuni importanti investimenti in essere, con ricadute economiche, occupazionali ed ambientali molto negative.
Con la vittoria dei Si’, semplicemente, ci fisserebbe solo una data certa per la conclusione del business in atto e non uno sfruttamento continuo e senza ragione, dei pozzi attualmente già attivi. Praticamente quello che succede in ogni concessione di patrimonio pubblico data ai privati. Il contrario, immaginare uno sfruttamento senza fine, finalizzato solo ai benefit fiscali, sarebbe in dispregio anche alle regole di concorrenza e di mercato libero.
7) TRIVELLARE E’ PALEOLITICO
Sostengono i SìTriv: “Vogliamo rinunciare a questa ricchezza? È ricchezza attuale, non potenziale, sono persone in carne ed ossa che lavorano e mantengono famiglie. Ed è un driver di innovazione e avanzamento tecnologico.”
La ricchezza che le lobby petrolifere non vogliono considerare, perché non gli interessa, è molto più reale, in crescita e, soprattutto, sostenibile. Solo nella piccola Irpinia (interessata da un progetto per 750 Kmq di trivellazioni), il valore di mercato dei vini a Denominazione d’ Origine è di oltre 90 mln di euro/anno e nel ventennio 1999/2009 ha prodotto una crescita delle esportazioni del 427% (fonte C.C.I.A. Avellino). “Innovazione” non coincide con lo sforzo di raschiare il fondo, di aumentare i margini di utile di processi desueti, oramai condannati a finire. Questo sforzo tecnologico, tanto decantato, si chiama accanimento terapeutico o al massimo speculazione. “Innovare” significa cambiare atteggiamento e saper vedere oltre l’inerzia dell’affare sicuro!
8) TRIVELLARE E’ INCIVILE
Sostengono i SìTriv: ”C’è da svegliarsi da questa allucinazione collettiva, ritrovando fiducia nella scienza e nella razionalità. Il prossimo 17 aprile c’è un referendum dannoso, inutile e in fondo sbagliato, che mente agli elettori sulle sue finalità. È un gioco politico di alcuni, che a spese del contribuente provano a condurre personalissime campagne di autopromozione”
Chi difende le ragioni del NoTriv non difende interessi personali, sono semplici cittadini trasversali a tutte le realtà politiche e sociali. Ogni forma di promozione non gode di una centesimo di sponsorizzazioni pubbliche o private. Solo dell’apporto personale di migliaia di semplici cittadini. Il gioco politico lo fanno le lobby dell’energia fossile, (anche loro trasversali a tutti i partiti), che da sempre pagano stampa e assoldano consulenti per far sembrare ragionevoli posizioni culturali che mirano esclusivamente alla privatizzazione dei vantaggi e alla socializzazione delle perdite.
9) TRIVELLARE E’ ARROGANTE
Sostengono i SìTriv: “Il referendum riguarda solo i territori costieri in cui già si trivella, gli altri territori non sono interessati.In più, il quesito è relativo solo alle concessioni già in atto, non interessa le possibili nuove trivellazioni. Ecco perchè non serve impegnarsi o andare a votare”.
Il referendum del 17 aprile, solo in apparenza sembra non toccare l’intero territorio nazionale. Il quesito referendario, che tutti siamo chiamati a votare, è il risultato di una intensa attività politica e civile condotta da anni e da tanti cittadini attraverso comitati e partiti politici. Per questo, chiunque abbia una visione “sostenibile” dello sviluppo e della produttività non può non votare, non può rinunciare ad un momento di dialogo politico irrinunciabile, con il quale continuare a dare sostanza alle ragioni “Notriv”. Questo referendum ha assunto per le lobby un forte valore economico, per i cittadini un elevato valore politico. Il risultato del voto, comunque, segnerà culturalmente tutte le scelte future in ambito energetico. Nel bene e nel male.
10) TRIVELLARE E’ DEMAGOGIA
Sostengono i SìTriv: “Chi vota Sì appartiene al partito del “no a tutto”. Agiscono in preda alla sindrome N.I.M.B .Y., vogliono solo difendere il loro giardinetto incantato, convinti che qualunque cambiamento possa distruggere le proprie illusioni.”
#PDNoTriv rappresenta le migliaia di iscritti al Partito Democratico che hanno saputo dare corpo e sostanza alla re-interpretazione della difesa dell’ambiente attraverso il concetto di “sviluppo reversibile”. Bene o male, bello o brutto, nella maggioranza dei casi, sono giudizi soggettivi, proprietà delle sensibilità individuali, l’unico discrimine oggettivo sta nel grado di invasività delle azioni legate ai modelli di sviluppo prescelti, dal loro “punto di non ritorno”. Il petrolio, rappresenta un modello irreversibile o, comunque, a bassissimo grado di reversibilità. Reversibile, è “qualsiasi processo o trasformazione di un sistema che, senza modificare in alcun modo l’ambiente esterno, possa andare, dallo stato iniziale allo stato finale e viceversa. Irreversibile, esattamente al contrario, è quella reazione “che avviene in un senso solo”. Noi votiamo Sì! perché la storia italiana ha dimostrato come lo sviluppo che comporta azioni irreversibili sull’ambiente non porta mai vero benessere. Solo ricchezza per alcuni e danni per troppi. Per le falde acquifere, la qualità dell’aria, l’organizzazione del lavoro, il benessere sociale, le “trivelle” propongono solo danni irreversibili, quindi, un futuro vincolato alle scelte sbagliate di oggi.
Il nostro è un impegno non basato su sterili visioni “romantico-folkloristiche” ma su attente valutazioni costi/benefici, che dimostrano quanto le potenzialità per uno sviluppo concreto già esistono e sarebbero tutte messe in discussione dall’ennesimo tentativo di sfruttamento irreversibile dei territori. Lo stato penoso dell’economia e degli equilibri ambientali in Basilicata, è l’immagine che tutti dobbiamo tenere presente per non lasciare il nostro futuro al disimpegno dell’astensionismo e farci correre a votare un deciso Sì!