Quella di sabato è stata una giornata importante per l’Alta Irpinia. Un momento di chiarezza e realismo all’inaugurazione del borgo di Quaglietta-Calabritto con Vincenzo De Luca e Ciriaco De Mita. La sintesi dell’amichevole botta e risposta tra i due alleati è molto semplice. E hanno ragione entrambi. Il secondo dice: “Ci servono i fondi altrimenti si scompare“. Si riferisce ovviamente a tutta quelle serie di servizi di competenza regionale (trasporti, sanità) senza i quali nulla è possibile nella zona a più alto tasso di spopolamento: né posti né sviluppo. De Luca parla altrettanto chiaro. “La priorità è quella di creare lavoro, e una svolta sarà portare la banda larga nelle aree interne, per dare la possibilità alle imprese di investire anche lontano dalle aree metropolitane“.
Tutti e due colgono le criticità, leggono bene i problemi del territorio. La prospettiva è un po’ diversa. Più tradizionale quella dell’ex presidente del Consiglio, ancorato a logiche che per fortuna o purtroppo sono lontane: io Regione ti mando i soldi, tu crei lavoro. Più legata ai giorni nostri quella di De Luca, che non è poi così lontano da Matteo Renzi quando affronta certi temi: per dare lavoro servono gli imprenditori, gli imprenditori hanno bisogno di servizi.
La differenza tra i due è che Vincenzo De Luca è pur sempre il governatore della Campania. Adesso ha più onori, ma parallelamente più oneri. Spetta al governo regionale dotare le aree interne della banda ultra-larga. Così come spetta alla Regione, riformando le Asi, creare condizioni di sviluppo più favorevoli nelle aree industriali. Non si sfugge. Fa bene De Luca a indicare la strada, ma fa benissimo De Mita a chiedere concretezza e interventi veloci.
Se le soluzioni sono abbastanza chiare sull’industria e sull’imprenditoria (chiare ma non per questo facili da raggiungere), un discorso a parte merita il turismo e la nuova economia basata sul viver bene, sull’accoglienza dei visitatori, sull’enogastronomia. L’impressione è che fino a quando si continuerà a parlare genericamente di turismo, in riferimento all’intera Alta Irpinia, non si “quaglierà” mai niente.
Sarebbe bene dare alla Valle del Sele quel che è della Valle del Sele. Una delle poche zone che possiede già un flusso di visitatori imponente (800mila pellegrini all’anno nel santuario di San Gerardo). Cifre altrettanto importanti sul comparto termale della vicina Contursi. Un territorio che contiene le sorgenti del Sele, l’oasi naturalistica di Senerchia, le buone pratiche del paesi del salernitano confinanti (Valva, Colliano stanno facendo passi da gigante nella ristorazione e nelle attrazioni). Ora il borgo medievale di Quaglietta, che è ben lontano dall’essere fruibile ma vogliamo essere ottimisti.
Se dunque l’alta Valle del Sele può vantare questi incredibili patrimoni, ai quali si aggiunge la futura ciclovia dell’Acquedotto Pugliese, non si può dire altrettanto per il resto dell’area pilota. Escludendo Bagnoli Irpino e Montella, ciò che resta è un territorio in cerca di autore e identità. In alcuni luoghi sarebbe molto facile intervenire.
A Sant’Angelo del Lombardi, per esempio, l’Abbazia del Goleto è indiscutibilmente il complesso monumentale religioso più bello di tutta la provincia. Calitri è ormai lanciata verso forme di turismo di nicchia, stabili e consapevoli. Ma su altri pezzi di territorio sembra davvero difficile poter parlare di turismo in termini economici. E forse quegli altri pezzi di territorio dovrebbero puntare su altro a seconda delle proprie peculiarità.
Abbiamo l’impressione, e i fatti ci danno ragione, che molti dei fondi a pioggia distribuiti qua e là su cultura e spettacoli abbiano avuto un ritorno pari a zero. Dovremmo fare almeno un esempio? Benissimo, parliamo allora di due progetti regionali diversi su Aquilonia e Bisaccia. Dove con una spesa complessiva di circa un milione di euro, per un numero di appuntamenti che si conta su due mani, il ritorno in termini di popolarità, di eventi indotti e di visitatori di ritorno è stato irrilevante. Con questo non si sta criticando la bontà dei progetti stessi (a volte il progetto culturale può essere valido ma può essere sbagliato il luogo) ma si sta semplicemente dando ragione a chi, come il governatore Vincenzo De Luca, preferisce puntare sui luoghi che possono davvero funzionare. Lo ha fatto indirettamente quando ha parlato di turismo religioso.
E’ pur vero che il progetto pilota tende a dare una risposta unitaria, tenendo insieme i 25 comuni in un assetto complessivo. Ma è anche vero che al momento il contenuto del progetto pilota una risposta non è. Al momento è più che altro una domanda, che come abbiamo più volte ribadito anche con Fabrizio Barca va formulata un po’ meglio.